MAMMA DI VALENTINA (Anffas onlus di Varese)
TESTIMONIANZE IN TEMA DI PRESA IN CARICO PRECOCE.
Sono la mamma di Valentina, una ragazza di 18 anni affetta da encefalopatia epilettica tipo Lennox-Gasteau,
quindi con una grave compromissione
psicomotoria e relazionale.
Attualmente Valentina, dopo il percorso scolastico terminato nel 2008, frequenta il C.D.D.
di Bobbiate Centro Diurno Disabili, gestito dalla
Fondazione R. Piatti onlus di Varese, ente a marchio Anffas. Svolge attività educativa e
riabilitativa per 4 giorni la settimana.
Con questa mia testimonianza voglio parlare non del presente di Valentina, ma dei suoi primi anni di vita,
delle persone (medici, tecnici,
riabilitatori, famigliari) e delle istituzioni (servizio sanitario, servizio sociale comunale)
che ci hanno accompagnato e indirizzato nel periodo più
duro e difficile per due genitori giovani.
Inevitabilmente, quando ci siamo accorti che qualcosa non andava in Valentina,
intorno ai due-tre mesi ci siamo rivolti a diversi pediatri che non
hanno avuto il coraggio (o forse, allora, le competenze) di indagare più a fondo trascinando un problema
che forse poteva essere affrontato prima.
Quando intorno ai sette mesi Valentina ha cominciato ad avere crisi epilettiche pluri-quotidiane ed
il quadro neurologico era notevolmente peggiorato,
ci siamo rivolti ad un pediatra di un Ospedale di Milano, il quale ha saputo svolgere tutti gli
accertamenti diagnostici possibili, consultandosi
anche con colleghi neuropsichiatri e arrivando ad inquadrare il danno di Valentina
(atrofia cerebrale cortico-sottocorticale con scarsa mielinizzazione
della sostanza bianca emisferica). Inoltre, vista la complessità del caso,
il pediatra ci ha saputo indirizzare presso il Centro Regionale di
epilettologia infantile di un Ospedale di Milano, dove lavorava l’équipe del Prof.Viani,
che ancora oggi con il dott. Romeo e Viri ha in cura Valentina
dal punto di vista farmacologico e neuropsichiatrico.
In questa fase lo stato d’animo di un genitore attraversa tutte le sfumature
delle emozioni e dei sentimenti negativi. Si passa dal senso di colpa
per quello che abbiamo o non abbiamo fatto, all’odio verso il mondo per l’ingiustizia subita …
”Perche’ proprio a me!!!!” … ”Perche’ proprio mia figlia??” ... ”Se l’avessimo portata da ...”
Dopo aver inquadrato il danno cerebrale di Valentina, è spontaneo e normale per dei genitori
fare domande sul futuro: nel nostro caso i medici sono
sempre rimasti sul vago, senza mai sottovalutare il grave problema di fondo.
Alle nostre domande le risposte a volte erano: “Non possiamo sapere quale evoluzione
avra’” oppure “Bisogna vedere crescendo come reagirà agli
stimoli: il cervello dei lattanti è in continua evoluzione ecc. ecc.” “Bisogna partire
subito con la fisioterapia”.
Capite quindi che per noi non c’è stata la FATIDICA SENTENZA del tipo:
– non sappiamo che aspettative di vita avra’ – non camminera’ mai –non parlerà ecc….- sarà
disabile per tutta la vita…..
Sinceramente non so cosa è stato meglio. Non avere la “CONDANNA DEFINITIVA” ti lascia sì incertezza nel futuro,
ma speranza di miglioramento e
quindi hai il tempo per accettare e interiorizzare quello che ti è successo. Poco per volta capisci da te
quali sono i limiti di tua figlia e
sarai più forte e preparata nell’accettarli. Questo ci ha indotto per un certo periodo a tentare
i cosiddetti “viaggi della speranza” facendo a
volte incontri spiacevoli che ci hanno riportato sui nostri passi.
(Un luminare da parcelle stratosferiche in 5 minuti di visita ha saputo dirci
per consolarci che avevamo scelto il nome giusto per nostra figlia, in quanto S. Valentino,
è il protettore degli epilettici, oppure decidere di
intraprendere il metodo riabilitativo DOMAN, che mi ha portato a non avere più una vita,
ma a svolgere esercizi riabilitativi quasi 24 ore su 24).
In ogni caso questa incertezza in genitori giovani che vogliono avere risposte sul futuro
e darsi una risposta sul che cosa è successo può logorare e
ha bisogno di tempo per essere metabolizzata.
Quello che forse a noi è mancato è stato all’inizio un sostegno psicologico professionale,
che abbiamo trovato invece in un altro genitore con
un’esperienza analoga alla nostra. I suoi consigli e la sua capacità di farci vedere
cosa avevamo davanti sono stati fondamentali per seminare in
noi l’idea che la nostra vita, sebbene travolta, avrebbe potuto riprendere con un equilibrio nuovo.
Con il tempo i sanitari di Milano hanno saputo accompagnarci nel prendere coscienza che alcune domande
sulle cause della patologia di nostra figlia
non avrebbero mai avuto risposta e che le nostre energie potevano essere meglio usate per gestire
il quotidiano e il presente.
L’intervento riabilitativo è iniziato subito dopo il primo ricovero intorno agli otto mesi,
presso una struttura ospedaliera vicina a casa prima ed
in seguito presso un centro privato accreditato.
E’ subito stato evidente che l’intervento riabilitativo presentava delle lacune dal momento
che non potevano bastare 45 minuti di terapia due volte
alla settimana per una bambina così grave. L’intervento riabilitativo doveva essere tempestivo,
intensivo e doveva coinvolgere e trasmettere competenze
a tutte le persone intorno a Valentina.
La struttura riabilitativa purtroppo non ha cambiato atteggiamento e quindi ci siamo rivolti
all’assistente sociale del nostro Comune di residenza e
con lei, grazie alla sua professionalità e disponibilità, abbiamo pianificato un progetto
di inserimento sociale e un progetto riabilitativo integrato.
La proposta dell’assistente sociale è stata quella di inserire Valentina, che aveva tre anni e mezzo,
all’asilo nido anziché alla scuola materna,
ambiente più adatto sia come spazi che come attività.
Il progetto si è strutturato per due ore al giorno per tre giorni alla settimana,
con l’affiancamento dell’assistente comunale in rapporto 1:1 e a
domicilio negli altri giorni.
Veniva prevista la presenza dell’assistente comunale anche nei giorni in cui Valentina
non poteva frequentare il nido per ragioni di salute. In tal
modo veniva garantito in modo continuativo il progetto riabilitativo globale integrato.
Le premesse iniziali per l’inserimento di Valentina erano cominciate nel migliore dei modi
e anche l’accoglienza delle educatrici e la curiosità dei
piccoli avevano creato un clima sereno intorno a lei e a noi.
Purtroppo la vita di comunità per Valentina ha portato numerosi e frequenti episodi bronchiali
e da raffreddamento, facendo slittare e prolungare il
periodo d’inserimento iniziato ad ottobre e ripreso a marzo dopo una pausa invernale.
Questa esperienza è proseguita positivamente per altri due anni con le stesse modalità fino
al passaggio alla scuola materna ed ha permesso a Valentina
di completare il normale percorso scolastico fino alla 3°media.
Non solo per Valentina è stata un’esperienza nuova, ma anche per me. Infatti,
quando mi sono trovata per la prima volta due ore libere sapendo che
Valentina era in un posto sicuro e seguita secondo le sue esigenze, mi sembrava
di non avere più niente da fare ed ho potuto, dopo tanto tempo,
concedermi un’ora di pausa in giro per negozi, come da tanto tempo non facevo.
Tutto questo ha permesso a me in seguito di trovare di nuovo lavoro, che avevo dovuto
abbandonare per seguire mia figlia.
Il ritorno al lavoro, anche se a tempo parziale e con mansioni di minore responsabilità,
mi ha permesso di tornare ad avere una vita sociale normale e
la possibilità di ri-progettarci come famiglia: infatti Valentina oggi ha una sorella di 11 anni.
Ad un certo punto del nostro percorso abbiamo scelto di affidarci al Servizio Pubblico facendo
riferimento alle figure sociali e sanitarie preposte
(Assistente Sociale del Comune – Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera).
Il bilancio di questa scelta è stato tutto sommato positivo ed è in tal senso che vuole essere
la ragione della mia testimonianza. Forse le cose
sarebbero potute andare meglio o forse no; mi sono comunque resa conto come il percorso
di mia figlia e di noi genitori sia stato favorito dalla
professionalità e dalle attenzioni umane di quel servizio pubblico oggi tanto messo in discussione.
Col senno di poi, senza saperlo, ho forse avuto la possibilità di accedere a quella “presa in carico” precoce,
globale e continuativa che non pare
essere ancora oggi una condizione data per scontata, nonostante le buone leggi che il nostro paese
ha saputo emanare a favore delle persone disabili
e delle loro famiglie.
Vista la nostra esperienza, sarebbe necessario per genitori giovani che oggi si trovano
a vivere un’esperienza simile, garantire una presa in carico
precoce a livello prima sanitario poi riabilitativo e quindi sociale, con una figura
che svolga un ruolo da regista per tutti gli interventi
necessari e che sia favorito l’incontro con altri genitori.
Tutto questo può essere utile al bambino che può ricevere tutto ciò di cui necessita e ai suoi genitori che,
in tempi brevi, possono tornare ad
avere spazi di normalità.
In questi 18 anni di vita di Valentina ho scoperto che far parlare tra di loro il pediatra,
l’assistente sociale, il neuropsichiatria infantile,
la scuola, il centro di riabilitazione non è stata una cosa impossibile, forse ci vuole
impegno da parte di tutti i soggetti.
Mi sono oltremodo resa conto come i percorsi di diagnosi e cura previsti dalla legge
dipendono troppo spesso dalla volontà dei vari attori che
sono chiamati a costruire con la famiglia il progetto di vita del bambino.
Questi non capiscono tante volte quanto sia decisiva la loro capacità/disponibilità di saper orientare
una famiglia nel verso giusto e di darle
successivamente una regia di tutte le azioni che vengono intraprese.
Adele Castellan Giuliani